L’Indagine sulle conoscenze e i comportamenti assicurativi degli italiani
Poco più del 60% degli intervistati afferma di conoscere bene i concetti di premio, franchigia e massimale ma solo il 13,9% risponde correttamente a tutte le relative domande. Un eccesso di fiducia nelle proprie conoscenze può indurre a scelte assicurative poco efficaci. Oltre il 70% degli intervistati considera la cultura assicurativa inadeguata. Questi alcuni dei risultati emersi dall’Indagine presentata dall’IVASS lo scorso 20 maggio.
Il Presidente, Luigi Federico Signorini, ha sottolineato l’impegno dell’IVASS nello sviluppo della cultura assicurativa.
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Presentazione dei risultati dell’indagine su conoscenze e comportamenti assicurativi degli italiani
Il prof. Riccardo Viale con il team di Bicocca e DOXA.
Il “profilo assicurativo” degli italiani che emerge dall’indagine, definito dai contratti di
protezione più acquistati, mostra che, fatta eccezione per la copertura RC Auto, le polizze
non obbligatorie sono sottoscritte da una parte esigua degli intervistati.
In ordine di diffusione decrescente troviamo le assicurazioni sulla casa, di RC
familiare, sugli infortuni, sul caso morte ed infine quelle relative alla previdenza
complementare, alle calamità naturali, alla protezione del credito, alle malattie, ai rischi
professionali e agli animali domestici (1). Non si tratta invero di una novità; è la fotografia della
ben nota situazione di sottoassicurazione che connota il nostro Paese, peraltro con
importanti divari territoriali. Rispetto al Nord, la percentuale degli italiani che non hanno
alcuna polizza ad eccezione di quelle obbligatorie è quasi il doppio al Centro e il triplo nel
Sud/Isole. Una contrazione della propensione assicurativa che sembra colpire soprattutto
le polizze casa, calamità naturali e RC Famiglia.
Dalle risposte fornite, una correlazione – positiva – molto significativa emerge tra
profilo assicurativo e titolo di studio. Chi è in possesso di un grado di istruzione più elevato,
tende a fornire risposte maggiormente corrette ai quesiti sulla conoscenza dei concetti di
base e dei prodotti e sulla logica assicurativa; mostra livelli più alti di avversione al rischio (2).
Quanto detto, conferma l’importanza della scuola nella strategia di educazione
assicurativa, ed è coerente con quanto è emerso sulla valutazione della cultura assicurativa
in Italia, che la maggior parte degli intervistati (oltre il 70%) ritiene non adeguata. Non solo,
ma all’aumentare della conoscenza assicurativa e del titolo di studio (laurea triennale e
magistrale) cresce la convinzione che la cultura assicurativa non sia sufficiente.
È opinione degli intervistati che questo gap conoscitivo andrebbe colmato
innanzitutto ad opera delle istituzioni pubbliche (60,0%) (IVASS, Consob, Banca d’Italia,
Ministero dello Sviluppo Economico) e delle compagnie assicurative, banche e intermediari
assicurativi (45,5%). Solo una percentuale di intervistati decisamente inferiore (in
prevalenza costituita da laureati triennali) ritiene che anche la scuola e i media possano
svolgere questa funzione. Persino coloro che hanno dei figli non attribuiscono alla scuola
un ruolo nel processo di alfabetizzazione assicurativa.
Una chiara indicazione che i programmi di educazione assicurativa dovranno
riguardare al contempo la popolazione adulta e i giovani. Per le nuove generazioni, i cittadini
di domani, la scuola rimane una fondamentale comunità educante: non fornisce risposte
immediate ma è l’unica in grado di dare una prospettiva all’esigenza di cambiare in
profondità una situazione oggi insoddisfacente. E’ quindi evidente la necessità di politiche
ad ampio respiro che, attraverso l’inserimento nei programmi scolastici di fondamentali
argomenti di logica finanziaria e assicurativa consentano di evitare difetti di miopia nei
giovani e nel contempo favoriscano il recupero del gap conoscitivo nella popolazione adulta.
Tra le cause che spingono gli intervistati a non sottoscrivere contratti di assicurazione
emerge (67,5%) il costo della polizza. Inoltre, non risulta sempre chiaro che estensione delle
garanzie e ammontare del premio da pagare all’assicuratore sono due facce della stessa
medaglia.
Emergono difficoltà nel comprendere che all’aumentare del rischio assicurato
corrisponde in genere un aumento del premio. Appena il 28% del campione, nel valutare
una polizza, tiene conto delle esclusioni oltre che degli eventi coperti, denotando un
atteggiamento assicurativo più evoluto; solo il 61,8% ha presente che una polizza senza
franchigie è più costosa di una che ne abbia, in quanto il sottoscrittore tramite la franchigia
accetta di tenere a proprio carico una parte del rischio ritenuta sostenibile.
La scarsa comprensibilità della polizza (50%), la sfiducia nei confronti di compagnie
e intermediari assicurativi (42%) ed esperienze negative pregresse (28%) sono le altre
cause che, secondo l’indagine, frenano la sottoscrizione di polizze. Ciò dimostra quanto sia
importante costruire un rapporto di fiducia tra impresa/intermediario e clientela sin dal
momento in cui si fornisce l’informativa pre-contrattuale e successivamente per tutta la
durata del contratto e in particolare nella fase di gestione dei sinistri.
Si impone con chiarezza l’esigenza di trasparenza e correttezza manifestata dalla
clientela. Importante sarà il ruolo che in questa prospettiva potranno svolgere compagnie e
intermediari.
I comportamenti attesi in capo a imprese e intermediari sono precisi: realizzare
prodotti semplici e chiari in grado di rispondere alle effettive esigenze che emergono dal
profilo assicurativo del sottoscrittore, spiegati con accuratezza e ben compresi dal cliente
nei loro termini essenziali (coperture, limitazioni/esclusioni, costi) e gestiti con correttezza in
fase liquidativa.
Dall’indagine emerge inoltre che ricorre alla sottoscrizione di polizze on-line una
percentuale ancora esigua del campione intervistato: il 16,9% ma solo il 5,9% acquista
polizze esclusivamente su internet. Valuteremo nei prossimi mesi se nel post pandemia –
che ha fatto fare un balzo in avanti, non solo in Italia, alla digitalizzazione – le abitudini di
acquisito si modificheranno, e con quale intensità, anche nel mercato assicurativo.
I progetti di educazione assicurativa dovranno, in ogni caso, ampliarsi a
ricomprendere anche l’alfabetizzazione digitale della clientela atteso l’ormai inseparabile
legame tra le due dimensioni: queste, unitamente alla correttezza percepita dei
comportamenti, appaiono in grado di fondare un nuovo rapporto di fiducia, che tanta
importanza riveste – come emerso dalla ricerca – anche nel settore assicurativo.
Le politiche di alfabetizzazione assicurativa che in stretta sinergia con il Comitato
Edufin verranno definite non potranno prescindere da un fattivo coinvolgimento di tutti gli
attori del sistema per fornire agli italiani, sin dal primo ordine di studi, gli elementi di base
della finanza, delle assicurazioni, della previdenza e dell’educazione digitale, strumenti
ormai essenziali per raggiungere una più piena e informata cittadinanza economica. La
maggiore capacità dei cittadini di divenire agenti consapevoli della propria vita economica e
sociale è di fondamentale importanza anche per aiutare il Paese ad essere meno vulnerabile
nelle congiunture sfavorevoli e guardare al futuro con maggiore fiducia.
Conclusioni
Come dicevo poc’anzi, lo studio che viene presentato oggi è molto ricco di spunti che
informeranno il nostro lavoro nei mesi e anni a venire. Vorrei concludere richiamando
l’importanza di lavorare insieme – autorità, operatori economici, associazioni dei
consumatori, scuola, università e società civile – sui temi dell’alfabetizzazione assicurativa.
L’educazione assicurativa è uno strumento molto potente per garantire l’effettiva
tutela dei cittadini ma anche la stessa efficienza del mercato assicurativo: in presenza di
evidenti lacune, come emerge da questa prima indagine, le scelte possono essere non
razionali ovvero poco efficaci e/o costose.
In una parola l’educazione assicurativa, come insieme di processi cognitivi,
comportamenti e competenze, deve porsi l’obiettivo di sviluppare nei cittadini la capacità di
praevidere, cioè di saper presagire le necessità future e prendere per tempo misure razionali
adatte a fronteggiarle e superarle, sia come atteggiamento abituale sia in presenza di
particolari circostanze. Si torna alla previdenza, un termine antico, ma necessariamente da
declinare in modo nuovo, al passo con l’evoluzione dei mercati e dell’economia digitale.